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Mendelsohn, Erich.

Architetto tedesco. Studiò Architettura a Berlino e a Monaco, avvicinandosi al gruppo "Blaue Reiter" e alle avanguardie artistiche dell'epoca. Avviò la sua attività professionale nell'alveo dell'Espressionismo, esponendo nel 1919 alcuni progetti architettonici nella galleria Cassirer a Berlino. In essi, come nei primi edifici realizzati, M. mostrò di interessarsi in primo luogo alla resa di un'unità plastica delle costruzioni: si vedano, fra le altre, le strutture in cemento armato delle fabbriche Hermann di Luckenwalde (1919-21) o la torre dell'osservatorio Einstein di Potsdam (1920-24). Al 1923 risale il suo primo viaggio in Palestina, dove collaborò alla progettazione dei grandi magazzini di Haifa, cui ne seguì uno negli Stati Uniti e, per il suo grande interesse per i costruttivisti russi, uno in Unione Sovietica (fabbrica tessile a Leningrado, 1925). Anche in queste opere M. considerò l'edificio come un oggetto plastico plasmabile unitariamente: in tal modo, ad esempio, furono pensati i grandi magazzini di Stoccarda, quelli di Breslavia o gli edifici del cimitero di Königsberg (1926-27). In queste realizzazioni, cui la critica attribuisce concordemente un carattere ormai razionalista, anche il volume è ridotto alla sua essenziale semplicità di forme e il ritmo orizzontale delle costruzioni è spezzato, per esempio, dagli elementi verticali delle scale. Del 1928 è il cinema Universum di Berlino, prototipo del moderno edificio di spettacolo, e del 1930 il Columbushaus, tra le sue più belle opere. L'ascesa politica del Nazismo lo spinse all'esilio, prima in Olanda, poi fra Inghilterra e Palestina, dove lavorò ad Haifa (progetto dell'ospedale, 1937), a Gerusalemme (centro medico e universitario sul Monte Scopus, 1937-39; Banca di Palestina 1938), a Rehobot (Istituto di agricoltura, 1939). Nel 1941 emigrò negli Stati Uniti dove condusse a termine numerosi progetti: le sinagoghe di Saint Louis, Cleveland, Baltimora, Saint Paul (1946-52), il centro ospedaliero Maimonide a San Francisco (1946), ville a San Francisco e a Fairfax. Oltre a saggi teorici, riguardanti soprattutto i problemi concreti della produzione e dei rapporti coi committenti, sono di grande interesse le sue lettere (pubblicate nel 1962 come Briefe eines Architekten) che esprimono non solo il suo pensiero in ambito architettonico, ma anche le sue ampie connessioni culturali con la musica, l'arte figurativa e la tradizione europea che egli mantenne integre e vitali anche in America (Allenstein, od. Olsztyn 1887 - San Francisco 1953).